La magia della plastica

/Data
26.11.2020

/Titolo
La magia della plastica

/Autore
Annalisa Magone

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/Tag
innovazione sociale, no profit, tecnologia, terzo settore

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Il ponte dei sospiri a Venezia, 2011 | ph: Annalisa Magone

La plastica gode davvero di una cattiva immagine – più alta è la sensibilità ambientale, più la plastica viene detestata. Secondo Christian Aimaro, presidente di Iren Ambiente e Amiat, in parte dipende anche dal fatto che la plastica galleggia… quindi si vedono meglio i guasti che può produrre questo materiale per molti versi “magico”.

Magico perché?

Come ha spiegato Giorgio Bertolo di Carioca, la plastica ha democratizzato molti prodotti, iniziando dai pennarelli. Tuttavia, le 1500 tonnellate di plastica trasformate ogni anno nella fabbrica di Settimo Torinese spingono quantomeno a interrogarsi – non sull’ecologia, ma sul modo di fare impresa. Ben sapendo che la sostenibilità è elemento centrale per ogni azienda che voglia essere «aggiornata con il suo tempo».

La plastica ha tanti difetti, ma all’interno di un’analisi di ciclo completo presenta elementi di sostenibilità insospettabili – meglio della carta e del vetro, purché si progetti bene il fine uso. Se questo è vero, la questione educativa diventa essenziale, non solo per sensibilizzare, ma anche per sfatare qualche mito a vantaggio di un confronto con la realtà.

Progettare il fine uso è assai costoso. Roberto Conte, Ceo di I.Blu ha detto che loro hanno in animo di investire milioni nei prossimi anni nel recupero e riciclo delle plastiche e la stessa scelta faranno molti altri operatori, ma, oltre al problema dei denari, c’è estremo bisogno di intelligenza e creatività – capire quali usi fare della plastica non riciclabile, trasformandola in nuovo materiale è un’attività prevalentemente intellettuale, perfino appassionante.

Il punto è questo: con il prezzo del petrolio basso, la tentazione è usare plastica vergine, ma nel prossimo futuro, quando i processi industriali del waste to materials saranno più efficienti e i tecnopolimeri avranno qualità addirittura superiori ai materiali non riciclati, ciò che oggi buttiamo senza pensarci troppo potrebbe diventare un “bene scarso”, cioè una materia pregiata per i processi industriali.

Sotto questa prospettiva, squisitamente industrialista, si deve sapere che l’innovazione svapora i contorni tradizionali della filiera della plastica, esattamente come fa con tutti i settori e i modelli consolidati. Per esempio, nel caso dell’Ecoallene, tecnopolimero prodotto da Ecoplasteam riciclando tetrapak (insomma, dai cartocci del latte), il Ceo Stefano Richaud ha spiegato che la loro filiera di riferimento è un’altra – quella della carta.

Nel variegato mondo del riciclo c’è chi, come I.Blu, lavora sul plasmix, la massa di contenitori e cellophane destinati alla discarica o all’inceneritore, e chi lavora sui poliaccoppiati che si possono anche parzialmente recuperare separando gli strati, ma non a costi competitivi. Un dato dirimente per determinare il costo finale del prodotto, che deve essere accettabile per il cliente e che in una mentalità industriale è la guida di tutto il processo di scelta.

Da qui le richieste finali che gli ospiti del talk rivolgono alle istituzioni:

«Non interventi economici per realizzare gli impianti di cui abbiamo assolutamente bisogno, ma lo snellimento dei processi autorizzativi, che non può durare anni e deve invece consentire alle aziende di fare gli investimenti».
Christian Aimaro
Amiat + Iren Ambiente

«Sostenere in modo deciso la ricerca, perché soltanto l’innovazione tecnologica può abbattere i costi dei processi alimentati con materiali riciclati, creando un mercato e non dipendenza dal sostegno pubblico».
Roberto Conte
I.Blu

«I criteri per dichiarare l’uso di materiali riciclati nella produzione dei beni sono stabiliti per legge, ma questo non significa che vengano rispettati. Un’azienda che dichiara dietro la confezione un’informazione non veritiera danneggia le imprese che si attengono onestamente alle regole. La comunicazione è parte importante della strategia per la sostenibilità».
Stefano Richaud
Ecoplasteam

«La cosa da fare è riaprire le scuole. Non soltanto perché l’educazione e la scuola sono una priorità, ma perché sono il mezzo per coltivare la sensibilità e le competenze giuste nelle generazioni che fra quindici anni decideranno il futuro del riciclo. L’economia circolare è parte dell’educazione alla cittadinanza».
Giorgio Bertolo
Carioca


Sembra quasi un programma politico ben scritto. Speriamo.

L’ultimo squero di Venezia, 2011 | ph: Annalisa Magone

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Il fattore ambientale. Quando la plastica serve è stato il quarto evento online del ciclo online del ciclo Futuro Prossimo organizzato da Atelier Impresa Ibrida. Per scoprire e partecipare ai prossimi live digital talk, segui i canali social di Atelier anche su Facebook, Instagram e YouTube.